sindrome di de quervain

Può sembrare, a primo impatto, il nome di una di quelle patologie molto rare, molto gravi, quasi dimenticate dalla medicina. In realtà è una problematica molto più comune e frequente di quanto si possa immaginare.

La Sindrome di De Quervain prende il nome dal chirurgo svizzero Fritz De Quervain che per primo la descrisse.

 

Si tratta di una tenosinovite, ossia di un’infiammazione della guaina sinoviale che riveste due tendini molto importanti del pollice della mano: l’estensore breve del pollice e l’abduttore lungo. Questi tendini sono la parte finale dei corrispettivi muscoli provenienti dall'avambraccio e, arrivati al polso, passano in un canale/tunnel (guaina) della lunghezza di circa 1 cm situato sopra una sporgenza ossea chiamata stiloide radiale. Proprio in questa zona, a causa del processo infiammatorio, aumenta il volume/spessore dei tendini interessati sviluppandosi così un restringimento all’interno della sinovia ed un ispessimento anche della sinovia stessa. Ciò riduce lo spazio a disposizione per lo scorrimento dei tendini che quindi fanno attrito con la guaina stessa durante l’uso della mano creando una frizione dolorosa. Nei casi più gravi, è molto comune notare a occhio nudo una specie di pallina, di rigonfiamento simile ad una cisti proprio sul bordo interno del polso (molti pazienti credono in modo simpatico che questo ispessimento sia dovuto alla comparsa di "un ossicino che prima non c'era").

 

Quali sono i sintomi più comuni di questa patologia? Elenchiamone alcuni che possono restare localizzati, o diffondersi lungo l’avambraccio a seconda della gravità:

- Dolore acuto, pungente nella zona alla base del pollice proprio in corrispondenza della guaina sinoviale. Si può manifestare improvvisamente o gradualmente non appena la mano viene posta sotto sforzo anche solo per afferrare piccoli oggetti, girare una chiave, aprire un vasetto, o quando si stringe il pugno;

  • Gonfiore alla base del pollice con possibile formazione di quel rigonfiamento simil-cistico come descritto sopra;
  • Sensazione di formicolio o alterazioni/perdita di sensibilità lungo tutto il decorso dei tendini interessati;
  • Limitazione funzionale e difficoltà ad estendere il pollice, a portarlo internamente oppure ad estendere il polso; che
  • Debolezza durante le prese con la mano.


Quali sono le cause che possono provocare tale patologia?

La sindrome di De Quervain colpisce prevalentemente le donne rispetto agli uomini. Pensate che all’epoca era chiamata la “malattia delle ricamatrici” o “malattia delle balie” proprio perché affliggeva soprattutto le balie, o le neomamme, che tenevano il bambino in braccio per un tempo prolungato. Questo disturbo si presenta generalmente in persone che svolgono lavori molto ripetitivi con il polso e con le dita della mano: muratori, meccanici, musicisti, i tennisti, coloro che utilizzano per molto tempo il computer, le sarte e, come appena accennato le mamme, specie nell’ultimo periodo di allattamento quando il bimbo diventa pesante ed è comune che per sorreggerlo si facciano sforzi frequenti con le mani.


Come si riesce a certificare se una persona è affetta dalla sindrome di De Quervain?

Normalmente il quadro clinico è abbastanza eclatante e la diagnosi può essere confermata anche con una semplice visita specialistica. Il fisioterapista con alcuni test clinici specifici (come il test di Finkelstein) può confermare facilmente una diagnosi di De Quervain e solo in caso di dubbi si può ricorrere ad un esame strumentale come l’ecografia al fine di indagare meglio le strutture legamentose e tendinee della zona interessata.

 

Scopriamo ora insieme quali sono i possibili trattamenti per questa fastidiosa patologia.

Premesso che l’intervento chirurgico deve essere considerato sempre come ultimissima spiaggia, qualunque sia l’entità dei disturbi generali il primo tipo di approccio prende il nome di trattamento conservativo. Con questo trattamento il fisioterapista mira innanzitutto ad attenuare lo stato infiammatorio e antalgico: Laser ad Alta Potenza, Tecar e Ultrasuoni rappresentano delle ottime soluzioni antinfiammatorie e antidolorifiche che permettono di aggredire il problema fin dai primi esordi. È consigliato anche l’utilizzo di tutori (reperibili in qualsiasi negozio di ortopedia) da indossare sia durante la notte che durante il giorno al fine di proteggere e stressare il meno possibile le parti fisiologiche già compromesse.

 

Solo una volta ridotto il processo infiammatorio ed il dolore della fase acuta è possibile pensare ad un approccio di tipo manuale composto da:

  • Stretching e allungamento di tutte le strutture anatomiche interessate, efficace per lo scioglimento di aderenze tendinee e per il ripristino del corretto flusso metabolico;
  • Mobilizzazione passiva delle articolazioni interessate pe risolvere eventuali blocchi che limitano i movimenti e cercare di recuperare la massima escursione articolare possibile;
  • Esercizi di rinforzo di tutti i muscoli della mano (specialmente quelli deputati alla mobilità del pollice) con lo scopo di migliorare la forza e sopportare meglio tutti gli sforzi della vita quotidiana.

Anche le infiltrazioni con derivati del cortisone possono essere molto utili: aiutano localmente a spegnere l’infiammazione ma possono essere eseguite solo da un medico specialista come l’ortopedico.

 

Infine, il trattamento chirurgico viene proposto esclusivamente quando le terapie strumentali, manuali e le infiltrazioni non ottengono i risultati sperati. Trascorsi circa 15 giorni post-operazione, una volta tolto i punti ed il bendaggio, è sempre consigliato di contattare un fisioterapista per intraprendere un breve programma di riabilitazione del polso e della mano ed ottenere così il massimo recupero funzionale possibile.

 

Non allarmatevi se durante le sedute i miglioramenti saranno piuttosto piccoli: essendo “il riposo” la prima regola da applicare in casi come questi, è anche vero che però le mani sono fondamentali nella vita di tutti i giorni; di conseguenza, utilizzandole spesso, è impossibile lasciarle davvero a riposo, le strutture infiammate hanno così più difficoltà a guarire e ciò si ripercuote su una tempistica di miglioramento più lenta. La regola di base è che più si interviene precocemente fin dai primi sintomi della patologia, più la prognosi sarà favorevole e veloce il recupero.

 

 

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